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Anticamente,
infatti, sembra che le donne sarde non si facessero pregare troppo quando si
trattava di mostrare le rotondità del petto. Forse in questo atteggiamento,
come sostengono molti storici, non c'era malizia ma soltanto la necessità di rassodare quella
parte del corpo che, dovendo provvedere all'allattamento, era ritenuta di fondamentale
importanza nell'economia domestica, soprattutto se in casa c'erano bambini da crescere.
Proprio per questa ragione, in passato, le balie sarde erano tenute in grande
considerazione.
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Comunque stessero le cose,
questa abitudine di ostentare il seno non piaceva ai gesuiti che, nel 1825, decisero di mettere
un freno ad una forma di esibizione che, a loro modo di vedere, rappresentava una tentazione
troppo esplicita e, di conseguenza, una istigazione al peccato. Perciò, con l'aiuto di alcuni
parroci bigotti, i padri gesuiti imposero alle popolane di coprire il seno con un apposito
indumento. Nacque così "su parapettu".
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Quelle qui
raffigurate, come curiosità e divagazione sul tema "Costumi di Sardegna", sono delle
cartoline degli anni '30 riproducenti due tempere del disegnatore Tarquinio Sini
(1891 - 1943).
Sassarese di nascita e cagliaritano d'adozione, Tarquinio Sini, vignettista umoristico,
caricaturista, cartellonista e grafico, realizza nel 1927 una serie di 25
tempere
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intitolate "I Contrasti", poi riprodotte in cartolina, nelle quali
ironizza sul contrasto tra le austere tradizioni sarde e le disinibite usanze moderne.
In queste due tempere "La toilette della padrona" e "Le gambine nude" si può cogliere facilmente
non solo il contrasto nell'abbigliamento, ma anche lo stupore e la perplessità della ragazza in
costume di fronte all'abbigliamento "moderno".
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Gesuiti e parroci, però, cantarono
vittoria troppo presto, non avendo fatto i conti con la furbizia
delle donne che obbedirono soltanto in apparenza. Infatti inventarono un parapetto mobile che,
con l'ondeggiare del corpo, si spostava lateralmente lasciando vedere molto di più di quanto
si potesse ammirare in precedenza.
D'altronde sembra che le donne
sarde d'allora avessero un'abilità particolare nell'ostentare le proprie virtù fisiche e che
sapessero valorizzare adeguatamente il proprio sex-appeal. Uno dei modi era quello di
distribuire sapientemente sul corpo i meravigliosi gioielli che fanno parte del corredo di ogni
costume.
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