Ma già nel 1800, ritornato nella terraferma con la speranza di potersi reinsediare
in Piemonte, il re esiliato (Carlo Emanuele IV) concede i pieni poteri nell'isola
a Carlo Felice ed abdica a favore del fratello Vittorio Emanuele, duca d'Aosta. Negli
anni successivi, e specie nel 1812, infuria in città la carestia, che induce a creare un
ospizio per i poveri.
Il 20 maggio 1814, a seguito del trattato di Fontainebleau, il monarca sabaudo rientra
a Torino, affidando la reggenza alla moglie Maria Teresa, che un anno dopo la passa
a Carlo Felice, duca del Genevese (diventerà re del Piemonte il 12 marzo del 1821,
dopo l'abdicazione del fratello Vittorio Emanuele I).
Nel 1847 il Consiglio generale del Comune di Cagliari chiede al re Carlo Alberto che
i popoli sardi siano "compresi nella lega italica doganale" e "pareggiati ai sudditi
del Continente". Si svolgono grandi manifestazioni in favore della "unione perfetta"
e il sovrano firma a Genova l'atto di fusione che sancisce la fine del regime doganale
separato, l'estensione alla Sardegna dei codici civili e penali degli Stati di terraferma,
la soppressione della carica di viceré e della Regia Segreteria di Stato e Guerra.
Un decreto reale cancellerà poi, il 30 dicembre 1860, Cagliari dal novero delle "piazze
fortificate". Si apre allora una polemica sul conservare o meno la cinta bastionata.
L'esito condanna le mura di Marina, Stampace e Villanova, ma conserva invece quelle di Castello, aprendo lo sviluppo urbanistico di una città che si dota (sarà la prima
a farlo in Italia) di due piani regolatori redatti dall'architetto Gaetano Cima.
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