La tradizione vuole che, per scongiurare
le risse che avvenivano a Carnevale tra arborensi e soldati aragonesi (circondati dallodio
della popolazione locale per averla sconfitta e aver conquistato la sua terra) un canonico istituisse
un legato a favore del Gremio degli Agricoltori, per il mantenimento della Sartiglia (dove il corpo
a corpo era vietato) e per sostenere le spese per il ricco pranzo da offrire ai cavalieri che
partecipavano alla Giostra.
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La tradizione trova conferma nel fatto
che il Gremio gode ancora oggi del lascito (Su Cungiau de Sa Sartiglia) per il mantenimento
della Giostra.
La Sartiglia della domenica si svolge sotto la protezione di San Giovanni Battista, quella del martedì,
organizzata dal Gremio dei Falegnami, sotto la protezione di San Giuseppe.
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Le usanze stratificate nel tempo fanno da
contorno allunico vero protagonista, al Re della Sartiglia: Su Cumpoidori e la sua
maschera androgina. È lui il Signore della Festa. Uomo e donna al tempo stesso, né
femmina né maschio, Su Cumpoidori nasce nel corso di una vestizione pubblica,
celebrata da ragazze bellissime che indossano costumi antichi. La Sartiglia comincia proprio
così, con la vestizione del Capo Corsa, uno dei riti più impenetrabili della tradizione
sarda.
Sono i due Gremii a scegliere e selezionare chi, tra tanti aspiranti, vestirà i panni di
Su Cumpoidori. Cè un antico rituale che viene rispettato. E raggiunge il suo
culmine nella vestizione del Capo Corsa, il giorno della gara. Un rito denso di sacralità,
perché Su Cumpoidori deve essere forte, puro e coraggioso, deve diventare un sacerdote
della fecondità, la cui purezza è legata nella vigilia della Sartiglia
alla confessione e alla comunione.
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Il Cavaliere è vestito su un
tavolo, un vero e proprio altare, allestito nella casa de SOberaju Majori, il
responsabile del Gremio, dove abbondano grano e fiori. Da quel momento, Su Cumpoidori non
può più toccare terra.
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Qualunque contatto diretto con la Grande Madre deve essere
evitato perché egli conservi la purezza necessaria a gareggiare e vincere. A vestire il
Cavaliere ci pensano Sas Massaieddas, giovani fanciulle in costume, vergini, guidate dalla
loro maestra Sa Massaia Manna. Al Capo Corsa non è nemmeno consentito di toccare gli
abiti. È una vera funzione, un rito lungo seguito in silenzio da un numero ristretto di persone.
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